Nuova vita al palazzo Lomellini Raggio: il Ministero della Cultura investe su Genova

di Mariangela De Marco.

Fuori dal sistema dei Palazzi dei Rolli dell’UNESCO. Dentro i Musei Nazionali di Genova. La nuova vita di un palazzo nato nel 1588.

Il Ministero della Cultura ha da pochi giorni concluso l’acquisto del palazzo Lomellini Raggio.

Era stato escluso da Rubens nel suo libro Palazzi di Genova del 1622 ed era stato escluso anche dal sito UNESCO “Genova, le Strade Nuove e il sistema dei Palazzi dei Rolli” nel 2006. Ma il Ministero della Cultura lo ha scelto come terza sede dei Musei Nazionali di Genova.

Palazzo Lomellini Raggio acquistato dal Ministero della Cultura in via Edilio Raggio, a Genova – foto di Mariangela De Marco

Una posizione strategica

Si affaccia su Largo Zecca, uno dei luoghi più trafficati della città di Genova, e resta in posizione rialzata su quella strada intitolata a Edilio Raggio (l’uomo più ricco del Regno d’Italia) che a fine Ottocento lo comprò insieme a diversi altri edifici della zona. 

Si presenta così il palazzo Lomellini Raggio acquistato da pochi giorni dal Ministero della Cultura, che con questa operazione aggiunge un altro gioiello dell’architettura genovese di fine Cinquecento agli storici Palazzo Spinola di piazza Pellicceria e Palazzo Balbi-Durazzo, conosciuto come Palazzo Reale, in via Balbi.

Attualmente nel Palazzo Spinola sono presenti la Galleria Nazionale di Palazzo Spinola e la Galleria Nazionale della Liguria. Sarà quest’ultima, con circa 200 opere, a trasferirsi nel palazzo appena acquistato. Il progetto del Ministero della Cultura è di realizzare al suo interno, oltre al museo, anche degli spazi per esposizioni temporanee e attività culturali.

La scelta del palazzo ha un valore strategico poichè è a metà strada tra i due Musei Nazionali di Genova già esistenti ed è sopra l’ingresso alla funicolare Zecca-Righi, punto da cui iniziare le escursione ai Forti sulle alture della città. Di fronte al palazzo, superati gli attraversamenti pedonali, c’è via Cairoli che si congiunge a via Garibaldi e poco distante via Lomellini che porta nel cuore dei vicoli del centro storico.

Palazzo Raggio: la sua storia

Era il 1588 quando Benedetto Lomellini fece iniziare la costruzione di questo palazzo, sulla stessa collina dove dal 1565 sorgeva un altro edificio dei Lomellini, quello di Bartolomeo, che nel 1832 passò per via ereditaria ai Rostan e fu anch’esso acquistato da Edilio Raggio. 

Ma tra la famiglia Raggio e quella dei Lomellini diverse furono le famiglie nobili che entrarono in possesso di questo palazzo, tra cui gli Imperiale e i Centurione. L’ultima erede Raggio, la contessa Armanda, sposò il marchese Balduino e fondò con questi una società immobiliare che per oltre cinquant’anni ha gestito l’immobile ora venduto al Ministero della Cultura.

Molto diverso appariva il contesto intorno al palazzo quando nel 1588 Benedetto Lomellini fece iniziare la costruzione

Vi era accanto solo l’immenso giardino e il palazzo di Bartolomeo, anche lui della famiglia Lomellini, ma di un altro ramo. E mentre Benedetto iniziava i lavori, Bartolomeo aveva già il suo palazzo inserito “nell’imbussolatione delle case nelle qualli si haverano d’alloggiare li Principi forastieri” più nello specifico “per alloggiamento di Cardinali et altri Signori” ovvero “nel secondo bussolo” di quel documento del 17 giugno 1588 redatto da Gregorio Gentili e Luca Grimaldi, meglio conosciuto come “documento 2” di quello che ora chiamiamo sistema dei Palazzi dei Rolli e conservato nell’Archivio Storico di Genova.

Il palazzo di Benedetto Lomellini non rientrerà nel rollo del 1599 e neppure in quello del 1614. Sarà inserito solo il 1 giugno 1664 e comunque non nei primi due bussoli. 

Il luogo scelto era fuori le mura del Barbarossa, erette tra il 1155 ed il 1159, con il vicino accesso tramite Porta Sant’Agnese – attuale via Lomellini – dove sorgevano diverse abitazioni dei Lomellini e un altro accesso verso levante tramite il Portello di Pastorezza ai piedi della collina di Castelletto. Comunque all’interno delle grandi mure erette nel 1536, il sito scelto aveva una dimensione agreste, caratterizzata dalla presenza di un forte dislivello organizzato in terrazze con ulivi, vigne, orti. Dietro il palazzo, più in alto, c’era – e ancora c’è anche se inglobata in un edificio con appartamenti sopra l’edificio sacro – la chiesa di San Nicolosio.

Cartina originale allegata ad un documento datato 23 dicembre 1653, ASG, Collegi Diversorum, Filza 107

Le modifiche urbanistiche in Largo Zecca

L’intera zona subirà nel corso dei secoli successivi alla costruzione del palazzo numerose modifiche urbanistiche. Quello che noi oggi chiamiamo Largo Zecca non esisteva, così come non esisteva via Carlo Targa e via Edilio Raggio realizzati a inizio Novecento. Non esisteva neppure via Cairoli, che sarà realizzata negli anni tra il 1778 e il 1786 con il nome di Strada Nuovissima, in quanto prosecuzione di quella Strada Nuova ora via Garibaldi realizzata a metà Cinquecento.

Una cartina del 1653, allegata ad un documento datato 23 dicembre per un contenzioso con i proprietari dell’adiacente giardino di Bartolomeo Lomellini, mostra chiaramente le salite che portavano alla chiesa di San Nicolosio e a Castelletto e soprattutto come i due palazzi Lomellini fossero sullo stesso livello, mentre oggi il palazzo di Bartolomeo, sede dell’Istituto d’Istruzione Superiore Vittorio Emanuele II – Ruffini, ha l’ingresso più basso di un piano, risultato dei lavori di inizio Novecento di riqualificazione dell’intera area e dell’apertura della galleria tranviaria, che ha comportato lo sbancamento di 4,70 metri. 

Piazza dell’Annunziata, Nicolò Orsini, 1839, litografia 21,2 x 25 cm, DocSAI, Collocazione Topografica del Comune di Genova, inventario n. 1974

Una litografia di Nicolò Orsini, datata 1839, conservata presso il centro DocSAI del Comune di Genova, mostra, a partire da piazza dell’Annunziata, uno scorcio di quella zona che noi oggi chiamiamo Largo Zecca. Si notano in fondo alla strada due carrozze che girano verso destra: stanno entrando in Strada Nuovissima (ora via Cairoli). La parte adiacente Strada Nuovissima presenta un alto muro, su cui sorge una piazza animata dalla presenza di molte persone, e sono evidenziati con una tonalità più scura tre nicchie disposte in basso, dietro alle due carrozze che stanno entrando nella strada. La nicchia centrale, più grande delle due laterali è incisa con maggiori dettagli: si nota la forma absidale e una parte più chiara che potrebbe indicare la presenza di acqua che sgorga dall’alto. Un dettaglio che conferma quanto descriveva l’anonimo che nel 1818 pubblicò una descrizione di Genova, ovvero “sotto la piazza de’ Forni al levante ove son tre fontane”

Progetto delle opere di risanamento della regione Vallechiara, ASCG, Fondo Amministrazione Municipale 1860-1910

Dal profumo del pane ai soldi

Dal 1722 al 1842 l’edificio che sorgeva accanto al palazzo ora acquistato dal Ministero della Cultura era il luogo dove si produceva il pane per la città di Genova e quella dinanzi era chiamata piazza dei Forni

Nel 1842 al posto del pane si coniarono monete e la piazza divenne piazza della Zecca

Questo nome venne mantenuto anche quando nella seconda metà dell’Ottocento, all’interno di un piano di “risanamento della regione di Vallechiara e sue adiacenze” fu realizzata una doppia rampa di scale cordonate che univano l’allora piazza della Zecca, situata in alto, con Strada Nuovissima in basso.

Piazza della Zecca, autore della fotografia sconosciuto, formato 130 x 180 mm, tecnica: gelatina ai sali d’argento, DocSAI, Gabinetto Fotografico Municipale di Genova, collocazione 110/3, inventario n. 3085

Nuovi mezzi di trasporto e nuove strade da realizzare

La scalinata durò meno di vent’anni. Alle carrozze trainate da asini o cavalli si aggiunse la funicolare. L’imprenditore svizzero Franz Josef Bücher individuò in quest’area, esattamente tra il palazzo di Bartolomeo Lomellini e quello di Benedetto Lomellini, diventati rispettivamente palazzo Rostan e palazzo Centurione, il luogo ideale per costruire un impianto di risalita che conducesse in cima a Monte Chiappe. Forte della sua esperienza imprenditoriale, sia nel settore alberghiero e sia in quello dei trasporti elettrici, la sua proposta piacque e nel 1891 iniziò il progetto di quella che fu chiamata sui documenti “spianata della Zecca”.

In quegli stessi anni in cui Bücher fu impegnato nella costruzione della funicolare, che terminerà nel 1895, Edilio Raggio cominciò ad acquisire diverse proprietà nella zona. 

Ai lavori per la funicolare si aggiungeranno quelli per la galleria per il passaggio del tram e ulteriori trasformazioni modificheranno l’intera area intorno al palazzo. Il 21 settembre 1897 la Società di Ferrovie Elettriche e Funicolari dichiarò i lavori di sistemazione di Largo Zecca terminati. Ecco che il nome con il quale l’area è oggi conosciuta appare per la prima volta. Subità un cambio di nome solo durante il periodo fascista e sarà chiamata piazza Filippo Corridoni

Il 1897 fu anche l’anno in cui Edilio Raggio acquistò dai Centurione il palazzo che risultava essere situato esattamente tra l’ingresso alla funicolare e l’ingresso alla galleria del tram.

Pian piano le automobili sostituirono le carrozze e Genova necessitò di una più efficiente rete stradale. 

Il 5 agosto 1921 il Consiglio Comunale approvò il progetto di “strada-galleria” fra Largo Zecca e piazza Portello. I lavori termineranno nel 1929 e la galleria è quella che ancora oggi migliaia di automobilisti percorrono ogni giorno per attraversare la città.

Piazza della Zecca, cartolina di inizi Novecento, collezione privata

Il tempo tutto svela

Tante sono state le trasformazioni nella zona attorno al palazzo, il quale mantiene oggi il suo aspetto architettonico di fine Cinquecento per le parti interne fino al secondo piano nobile – il palazzo ha subito un notevole innalzamento a inizio Novecento e l’aggiunta di un ulteriore piano sul terrazzo in tempi più recenti – mentre l’esterno, in particolare la parte bassa della facciata, ha subito modifiche nel corso degli ultimi due secoli, tra cui l’aggiunta di un avancorpo aggettante con balcone al primo piano e terrazza al secondo, in corrispondenza del salone principale dell’edificio.

E in attesa che arrivino le opere della Galleria Nazionale della Liguria, due pregiate tele ad olio fanno da padroni e forse, in attesa dei lavori di adeguamento – che secondo le prime stime dovrebbero durare circa cinque anni – saranno anche i silenziosi testimoni di questa nuova vita del palazzo. Una tela è opera di Domenico Piola (1627-1703) e l’altra di suo genero Gregorio De Ferrari (1647-1726). Quest’ultima sembra essere un messaggio di buon augurio per il futuro di questo palazzo che si propone non solo come museo, ma anche come luogo di attività culturali: il Tempo scopre la verità e mette in fuga la maldicenza e la discordia.

Il Tempo scopre la verità e mette in fuga la maldicenza e la discordia, Gregorio De Ferrari, olio su tela, 280 x 400 cm

Mariangela De Marco

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