di Martina Luterotti.
ll 15 e il 16 maggio, all’Albergo dei Poveri, una delle sedi dell’Università di Genova, si è tenuto il seminario “Società, politica e comunicazione” organizzato dal Professor Luca Raffini. L’incontro era rivolto in particolare agli studenti di Informazione ed Editoria, con l’obbiettivo di metterli in contatto diretto con i professionisti del mondo della comunicazione.
Il giornalismo che attraversa il Mediterraneo
Il primo incontro, ha visto protagonista VD News, una piattaforma italiana di informazione multimediale pensata per le nuove generazioni. Il suo approccio giornalistico si distingue per essere autentico e senza filtri: le storie vengono raccontate nei luoghi dove accadono davvero, tra le strade, nelle piazze, dentro le comunità, dando spazio a voci che troppo spesso restano ai margini del dibattito pubblico. I temi affrontati spaziano dai diritti umani al lavoro, dalla crisi climatica alla politica, con un’attenzione particolare alle dinamiche sociali e globali più urgenti.
A rappresentarla c’era Melissa Aglietti, giornalista e video maker freelance, che ha portato con sé un documentario girato a bordo del veliero Open Arms: “Cosa sei disposto a fare per una vita? Nel mediterraneo con Open Arms”. A girare il documentario è proprio Melissa, che alterna riprese di salvataggio in mare con riprese che raccontano la vita quotidiana in barca. “L’equipaggio? Quasi tutto composto da volontari”, sottolinea. Poi aggiunge: “Stiamo cercando di costruire un nuovo giornalismo, capace di affrontare temi che finora hanno avuto spazio solo nei media tradizionali. Ma per noi è fondamentale anche il lato umano: capire come rapportarsi, come reagire di fronte a situazioni tragiche.” Una frase che rappresenta perfettamente il nuovo giornalismo etico ed empatico che VD News cerca di portare avanti.
Fare dell’attivismo un lavoro
Il secondo ospite arriva da Genova, ma la sua esperienza è internazionale. Si chiama Giovanni Chiarella ed è il fondatore di Futurevox, una startup italiana specializzata nel digital campaining, community organizing e brand activism, che nasce da un desiderio ambizioso trasformare l’attivismo in un mestiere.
“Volevo fare dell’attivismo il mio lavoro”, dice. Una frase che fa pensare, perché spesso chi si batte per una causa lo fa nel tempo libero, senza riconoscimento e senza tutele. Ma se vogliamo davvero un mondo più giusto, servono competenze, organizzazione e sì, anche risorse economiche.
Futurevox supporta ONG, movimenti e brand sociali con campagne digitali che non si limitano a comunicare ma mobilitano, attivano e costruiscono comunità. Giovanni lo spiega con chiarezza, slide alla mano, l’azienda ha come obiettivi:
- – Fare strategia di campagna
- – Coinvolgimento digitale (flash mob, chatbot, tweetstorm)
- – Organizzazione della comunità
- – Produzione di contenuti narrativi e visivi
- – Formazione attraverso la Futurevox Academy
- – Coinvolgimento digitale (flash mob, chatbot, tweetstorm)
In un’epoca attraversata da crisi ambientali, disuguaglianze sociali e una crescente sfiducia collettiva, si impone con forza una domanda: “Chi guiderà il cambiamento?” La risposta non arriva dall’alto. Non sono i politici, gli esperti o le istituzioni. Sono le persone comuni, dentro le comunità, che scelgono di farsi carico di una visione e coinvolgere gli altri. È questa l’essenza della nuova leadership: non un esercizio di potere, ma un atto di servizio. Un impegno che nasce dal basso, si alimenta nella relazione e si nutre di storie condivise. Essere leader oggi non significa più convincere con dati e statistiche. Significa persuadere, nel senso più profondo della parola: portare vicino a sé, generare movimento. A differenza del “convincere”, che spesso è un confronto razionale, quasi un tiro alla fune, persuadere è un atto umano, è pratico.
Le persone non si muovono quando capiscono ma quando sentono. I numeri non parlano al cuore, le storie sì.
Da qui l’importanza delle storie. Le storie diventano strumenti di lotta. La storia è il linguaggio primordiale con cui l’essere umano dà senso alla realtà. Raccontare la propria storia, chi sono, perché agisco, cosa ho vissuto, non è debolezza: è forza generativa. Quando una storia personale si intreccia con la storia collettiva e con quella del momento presente (il contesto storico), si crea un legame emotivo, quasi inevitabile. È così che costruisco comunità vere, non solo movimenti temporanei. Perché ciò che tiene insieme le persone non è un obiettivo freddo, ma una narrazione condivisa.
Per guidare il cambiamento però non basta avere una buona storia, serve un team e una strategia, una visione chiara, una direzione. Una strategia è la visione a lungo termine, ma servono anche le tattiche, che sono azioni mirate, flessibili in base al contesto e quotidiane.
Cambiare le cose significa anche saper leggere le emozioni dominanti. In una società che tende all’apatia o alla paura, un leader ha il compito di attivare i sentimenti opposti:
- – All’apatia bisogna rispondere con rabbia lucida
- – Alla paura con speranza concreta
- – All’isolamento con solidarietà attiva
- – Alla sfiducia con un messaggio forte “Tu sei unico. Tu puoi fare la differenza”.
Un esempio per tutto questo? La campagna “Fermiamoli col voto” lanciata da Futurevox per elezioni europee del 2024: una risposta creativa, apartitica, ma profondamente politica al clima di disillusione diffusa.
“Essere attivisti vuol dire essere disposti a mettere in gioco il proprio corpo per quella causa.” Non un’azione impulsiva, ma quella organizzata, condivisa e consapevole. È una scelta di agire insieme, non da soli. Di ascoltare, formare e coinvolgere.
In un mondo affollato da narrative tossiche, da leader costruiti sui social e slogan vuoti, chi ha il coraggio di raccontare una storia vera, costruire relazione e organizzare il cambiamento è rivoluzionario. Perché oggi, essere leader non vuol dire comandare dall’alto. Vuol dire iniziare un cammino e saper dire, con forza e umiltà: “Vieni con me. Lo facciamo assieme”.
Martina Luterotti