di Federico Filieri e Marco Monteverde.
Martedì 21 novembre, la premier Giorgia Meloni risponde alle parole pronunciate dalla giornalista Lili Gruber durante il suo programma “Otto e mezzo”. Lo fa con un post Facebook nel quale replica con sdegno alla conduttrice che, interloquendo con il collega di Libero Francesco Specchia, aveva denunciato un certo lassismo da parte del governo rispetto a una cultura patriarcale ancora imperante in Italia.
Il premier si scaglia contro la “bizzarra tesi” della Gruber, bieca strumentalizzazione di una tragedia (l’omicidio della ragazza Giulia Cecchettin) volta a gettare discredito sul governo e sul suo operato. Ad accompagnare il polemico e laconico trafiletto della premier una foto che raffigura lei assieme alla figlia, alla madre e alla nonna, “4 generazioni di donne” per fugare i dubbi e demolire le critiche.
Una scelta comunicativa peculiare che si pone senza soluzione di continuità col post pubblicato qualche settimana fa dalla stessa presidente del consiglio, nel quale annunciava la fine della relazione con il compagno Andrea Giambruno, scivolato in un vortice mediatico a seguito della
pubblicazione dei chiacchieratissimi “fuori onda”. Anche qui il testo, più articolato rispetto alla mordace invettiva contro la Gruber, è corredato da una foto di famiglia, nella quale stavolta compaiono la figlia e l’ormai ex compagno.
Intenti comunicativi (parzialmente) diversi perseguiti attraverso la stessa strategia, scostare per un attimo le tende e lasciare che sia l’esperienza personale ad ammutolire nemici e a comprovare integrità morale e coerenza di ideali.
E così, a partire da queste due irruzioni della sfera domestico – familiare nel dibattito pubblico, è possibile articolare una riflessione sul rapporto tra pubblico e privato nel palcoscenico politico odierno, laddove l’esibizione di quest’ultimo rappresenta, per gli attori che lo animano, arma dialettica e strumento di attestazione identitaria.
La riconfigurazione del rapporto tra pubblico e privato rappresenta, se vogliamo, un corollario di un processo più ampio che ha stravolto i connotati del personaggio politico.
La crescente spinta all’individualizzazione permette, infatti, agli interpreti della politica di primeggiare in un’arena liberata dall’illanguidirsi dei partiti, sempre più relegati a coro ancillare. In quest’ottica, la condivisione di alcuni aspetti della sfera privata conferisce corpo e credibilità alle emergenti narrazioni politiche, allestite nelsegno della personalizzazione sfrenata.
L’accentuazione dei tratti individuali e la costruzione divistica del politico (già presenti a dire il vero in alcuni antesignani d’oltreoceano, tra tutti il presidente Kennedy, e deflagrata in Italia con il berlusconismo), è stata poi esacerbata dallo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e in particolar modo dai social.
Le ormai privilegiate piattaforme del guerreggiare politico si fanno foriere di un’inedita disintermediazione tra istituzioni e cittadini: nuove modalità di adesione agli schieramenti e bidirezionali dello scambio comunicativo.
Il rigore dell’ormai trapassata dicotomia Habermasiana lascia il posto dunque a frequenti sconfinamenti, propiziati in misura significativa dalla pervasività dei social, arena dell’agone politico contemporaneo.
Le ragioni che hanno trasformato la strumentalizzazione della privacy in potenziale fattore di legittimazione sono molteplici e di varia natura.
La condivisione di alcuni frammenti della sfera privata, dai quali spesso trapela la semplicità amena di una vita composta e morigerata, sembra rispondere anzitutto a una logica di momentanea decostruzione del divo, che restituisce una placida umanità a un leader deificato, favorendo meccanismi di identificazione emotiva. Il coinvolgimento specifico della famiglia vale qui come testimonianza di una capacità affettiva da parte del personaggio, che controbilancia l’imperscrutabilità delle apparizioni pubbliche e suscita interesse nei fruitori.
In secondo luogo, la strumentalizzazione della vita privata si presta all’accentuazione dei connotati eroici del politico, costretto a fronteggiare coraggiosamente i molteplici attacchi di un roster antagonistico che tende a farsi sempre più nutrito e composito.
Le strategiche intrusioni dell’ambito personale risaltano la frettolosa genuinità del leader, contrapposta alla subdola e insinuante malignità dei detrattori.
Effetto macroscopico di tale dinamica l’esaltazione dell’impianto manicheo che regge e definisce la comunicazione politica odierna. Un inesausto scontro tra il bene e il male che vena di teatralità il discorso politico.
Alimentando la macchina mediatica, tale slancio drammaturgico rinverdisce un dibattito pubblico fiaccato da disaffezione e sfiducia.
All’interno di questo quadro riflessivo, il quartetto familiare tutto al femminile pubblicato dalla Meloni demolisce le pretenziose accuse di ammiccamento al patriarcato e certifica il suo lignaggio di donna forte e indipendente, rievocando una struttura mentale attecchita e riconoscibile.
L’annessione della vita privata all’arsenale retorico a disposizione dei politici presta il fianco a un’interpretazione di segno fortemente negativo, lasciando intravedere le crepe di un discorso politico sempre più impoverito nei contenuti argomentativi e programmatici.
L’efficacia di queste strategiche interferenze, suffragata ampiamente dai dati relativi alla circolazione dei post presi in esame, è la cartina tornasole di un modus comunicativo indifferente alle istanze di sensibilizzazione critica dell’opinione pubblica.
La vita privata rinuncia alla sua impenetrabile sacralità, andando a ispessire il diaframma che separa i fruitori dalla base fattuale, di cui sarebbe auspicabile una nuova, vigorosa emersione.
Frantumatesi le demarcazioni tradizionali, la politica ha trovato nei propri focolari domestici e nel proprio talamo una soluzione pratica e funzionale per bypassare le critiche e rafforzare l’empito autoreferenziale delle proprie narrazioni, a scapito della correttezza logica. Un’altra allarmante avvisaglia di un depauperamento che già da tempo manifesta sintomi di radicamento sistemico.
Niente di nuovo, nulla di confortante.
Federico Filieri
Marco Monteverde
24/01/2024