L’Università di Genova ha pubblicato le linee guida per l’utilizzo di un linguaggio inclusivo, redatte dal gruppo di lavoro “Linguaggio di genere e contrasto alla discriminazione e alla violenza”, coordinato dalla Prof.ssa Angela Celeste Taramasso, delegata del Rettore alle Pari Opportunità.
Il documento intende rappresentare “un’occasione di presa di consapevolezza da parte di tutte le componenti universitarie, nel contesto di uno sforzo più grande per creare un ambiente di studio e di lavoro davvero inclusivo e attento a riconoscere e rimuovere tutte le discriminazioni, a partire da quelle di genere”.
Vi si può trovare una vera e propria guida operativa, che suggerisce le possibili formule da impiegare per evitare l’utilizzo del solo maschile – come avviene spesso. In sostituzione della formula “i dipendenti dell’Università di Genova” si suggerisce, per esempio, il più inclusivo e gender neutral “il personale dell’Università di Genova”. In altri casi si può fare riferimento a entrambi i generi, mentre è sconsigliato l’uso di schwa o asterisco, perché possono creare problemi alle persone con DSA, o ai fini della lettura mediante sintetizzatori vocali, oltre a rendere i testi poco chiari.
Le linee guida sono corredate di un utile glossario e di una bibliografia che può essere utilizzata da chiunque fosse interessato ad approfondire l’argomento.
Si tratta di una questione di grande rilevanza, a maggior ragione per chi si occupa di informazione e di comunicazione, come le studentesse e gli studenti di Informazione ed Editoria, che potrà essere oggetto di incontri di approfondimento e magari di tesi.
Vale la pena riportare uno stralcio del documento, che ricorda ci ricorda che:
Il linguaggio e le parole scelte plasmano il pensiero, sono le lenti attraverso le quali osserviamo il mondo e attribuiamo significato alla realtà. Di conseguenza, nessun linguaggio è mai neutro e le parole che scegliamo diventano sguardo. Agendo sulla scelta delle parole contribuiamo a cambiare il mondo, ed è solo a partire da questa consapevolezza che possiamo trasformare il contesto universitario in un ambiente accogliente capace di veicolare una cultura dell’armonizzazione delle differenze che non sia mai escludente.